Mai tornare sul luogo ove si è stati felici. Quindi, per quanto mi riguarda, mai tornare al liceo, palestra di vita e serraglio di varia umanità da cui sono partito anni fa.
Con una distinzione: se in una vacanza, in un accadimento puntuale, oppure in un amore di tanto tempo fa era già evidente fin da allora che si trattasse di un bel momento, quando eravamo al liceo eravamo felici e non lo sapevamo. Troppo compressi dalla situazione, da qualche professore bestia e da tutti gli altri che – aveva detto bene Luca Carboni in Silvia lo sai – non ci chiedevano mai se eravamo felici.
Ieri quindi, quando mi apprestavo con qualcuno della mia band nata al liceo a varcare la soglia dell’Antonio Orsini per una piccola esibizione in aula magna, ero piuttosto titubante anche se cercavo di dissimulare le mie cogitazioni con un’espressione ilare. Semplicemente, ero emozionato. Non è che mi capiti più tanto, in generale.
Poi sono arrivati gli altri del gruppo, abbiamo riso come raramente ci accade e ci siamo fatti le foto da bimbiminkia nella nostra vecchia aula nella cui lavagna – come ai tempi d’oro – erano riportate frasi a sfondo pecoreccio.
Il concerto – o meglio il recital – non lo so com’è andato, bisognerebbe chiederlo ai ragazzi che dapprima sono sembrati piuttosto spaesati ma poi si sono riscaldati subito, ma non è che alla fine interessi più di tanto.
E’ che queste sono occasioni del cuore (come chiamarle diversamente?) valide per visitare da turisti il paese da cui sei partito anni fa e nel quale sai che non tornerai più ad abitare. Le lotte ideologiche della mia generazione, sconfitta dal conformismo generale e dalla televisione, sembrano lontane anni luce.
E voi ragazzi, che spettacolo che siete! Come sempre, come in tutte le epoche, belli e immacolati, inadeguati con il vostro cellulare connaturato e il non sapere che significa damiciana spagghiata o lu totera. Qualcuno pieno di brufolazzi, altre che girano tenendosi per mano, altri che rimangono alla fine ad aiutare Teresa a rimettere a posto l’aula magna. Tutti, indistintamente, col viso inondato dal sole dell’autogestione.
Sembravamo destinati con i Nerkias a passare una giornata sopra a una damiciana spagghiata, e invece è stato veramente un piacere.