Il tifoso occasionale (coming out)

Ho constatato che nella mia città l’accusa di TIFOSO OCCASIONALE ha sostituito, negli ultimi tempi, ogni altro tipo di offesa fortemente infamante. Sembra che dare del tifoso occasionale alle persone sia diventato il nuovo must per chi ha in animo di demolire il conversante che gli è di fronte, sminuendone le potenzialità tifatorie e l’amore per i colori bianconeri (del bianconero giusto, s’intende).

Nota per i non iniziati: il tifoso occasionale è quello che non ha l’abbonamento allo stadio, oppure non va in trasferta, o che se ne fa poche, e soprattutto è quello al quale può capitare di indulgere alle simpatie anche per altri team (solitamente veleggianti in altre serie). Per esempio ha simpatie pure per l’Inter, la Juve, la Roma, il Napoli quando non addirittura il Barcellona o il Manchester United.

Io sono nato in Ascoli e porto l’Ascoli, ma pure a me capita di simpatizzare per questo o quell’altro team a seconda dei momenti o delle occasioni, chiaramente sempre conservando una idiosincrasia di nascita per i gobbi e continuando a portare solo l’Ascoli giacché il calcio minore non lo seguo con troppo interesse.

Tempo addietro – disgrazia nelle disgrazie – l’accusa di occasionalita’ fu rivolta perfino a me, chiaramente da un sedicente tifoso professionale, in occasione di una mia esortazione a sorridere ed essere ottimisti invece di lamentarsi sempre e stare incarogniti su tutto.

Apriti cielo, e inghiotti il becero tifoso occasionale!

Il sanguigno conversatore esordì dicendo: “Voi che tutto l’anno portate la Juve nen me petete venì a dì…” ma già avevo staccato la spina delle orecchie giacché non ne valeva la pena. Inutile spiegargli che seguo l’Ascoli da Del Duca-Samb del 1969/70 (la prima mia partita in assoluto: gol su rigore del capitano Abramo Pagani con fucilata a mezz’aria alla destra del portiere), ricordo la doppietta di Quadri la palombella di Nicolini il gol dal fondo di Casagrande e pure la capocciata di Pircher che nen s’era accuorte ch’avie’ segnate all’Inter.

Al concetto di tifoso occasionale fa da contraltare, com’è noto, quello di Ultras, che per certa letteratura è depositario di tutte le qualità che mancano all’occasionale: prima fra tutte la mentalità ultras, concetto non banale che ha una sua etica e una sua onorabilità e che, sebbene non abbia mai praticato, istintivamente rispetto. Mi capita di riconoscermi più nella sportività, che a volte ti fa applaudire la squadra avversaria che gioca bene, compresa quella nemica con l’unica inevitabile eccezione dell’inapplaudibile team del pan cu’ l’olio.

E quindi la concatenazione di eventi che sembro’ ridurmi al rango di tifoso occasionale – a me che vado al Cino e Lillo da 52 anni avendone pochi di più – un po’ mi fece sorridere un po’ mi indispose.

Ma nen è che ce so’ pierse lu suonne sa’.

Il lamento del fabbro nudo

50lire

Chi non ricorda le vecchie 50 lire? Ci usciva, nei nostri anni ’70, un ghiacciolo semplice, mai un Arcobaleno né, ancor peggio, quelli “buoni”, ovvero ricoperti di cioccolato, oppure i Cuccioloni col biscotto. Quelli costavano 100, perfino 200 lire.

Ti ritrovavi queste 50 lire per effetto di un favoretto che avevi fatto a tuo padre (aiutarlo a infiascare il vino, a lavare la macchina, a annaffiare l’orto) e correvi felice verso il baretto per gustarti il gelatino all’arancio nella canicola estiva.

Capitava, a volte, di incantarsi ad osservare la figura che era ritrattata nel retro della moneta: un misto di forza ed eleganza rappresentata da un giovane fabbro, nudo, che batteva sull’incudine con una mazza. Spesso – chi non lo ha fatto? – ti veniva da pensare che, nelle sue condizioni, era n’attimo andare a finire sul piano dell’incudine con gli accessori pendenti, e allora sai che gniaulìi!

L’atteggiamento di certe persone che nella vita preferiscono guardare, in un bicchiere pieno all’80%, il 20% vuoto mi fa pensare a quel giovane fabbro che decide motu proprio di mancare il bersaglio e squagliarsi una palla sull’incudine. E’ successo ad Ascoli, recentemente, anzi direi che nel calcio – e quindi anche ad Ascoli – succede spesso. Spiegazione dell’antefatto, per i non ascolani o i non appassionati di calcio: i bianconeri in evidente crisi di risultati riportano 3 punti di platino da Padova, battendo l’affermato Cittadella in corsa per il primato della B. E che ti fanno i lagnosi piceni: cominciano il lamento del fabbro nudo.

E che culo, e hanno ammonito solo loro, e l’arbitro facié a parte che nu’, e s’è nventate l’espulsione, e Perez nen è de categoria, e Giorgi è rutte, e Aglietti nen è tutte quelle che se decié, e Bellini caccia ssi solde, e se a gennaio nen chempreme na limana ce n’arieme dritte in Lega Pro, e la tribuna chisà quant’è pronta, e era megghie che invece del centro sportivo ce chemprava Marilungo, e senza ferrovia Ascoli-Roma è nu brutte campà, e in America tante è Trump e tante è la Clinton, e che c’è mannate affà la sonda Schiaparelli su Marte.

A questo punto la palla è spappolata, le ciuette-inside felici e il mondo adeguatamente grigio. E questo – beninteso – succede spessissimo dalle nostre parti.

Da quanto sopra un semplice assunto. Fate vobis per l’atteggiamento da adottare con i fabbri svestiti, ma io adotto il mio: indifferenza totale e senza quartiere. Non permetto agli altri di sporcare il mio cielo. Verrà il tempo per reincazzarsi per un risultato bugiardo, una prestazione meno che dignitosa, una caterva di gol mancati. Nel frattempo, però, preferisco vivere. Vivere sereno mentre il fabbro gestisce torvo il suo dolore, consolato solo dallo spargere malessere, dal provocare flames, dal rovinare l’attimo, dal gestire l’umore altrui.

Amo il calcio

 

Tardelli

Amo il calcio, l’ho sempre amato fin dai tempi della fanciullezza quando papà mi accompagnava tenendomi per mano al Del Duca a vedere l’Ascoli. Erano i tempi eroici della serie C, divenuta poi B e poi ancora, trionfalmente, A.

Ho visto dal vivo, a 30 metri da me intendo, Gullit Van Basten Maradona Zico Paolino Rossi Bruno Conti e il grande Zoff.

Il momento che mi è rimasto calcisticamente più impresso, a parte le due vittorie mondiali che ricordo e il gol di Giorgi all’Ancona, il 2-0 dell’Ascoli alla Juve campione del mondo, nel 1982, con due gol di Novellino.

Amo il calcio per quello che si fa in campo e non per ciò che si vede in TV, perché a quelli che hanno la fortuna di vedere la serie A dal vivo non la si può andare a raccontare. Vado allo stadio perché non mi piace rivedere la stessa immagine 20 volte per sapere se la gamba del difensore ha toccato il piede dell’attaccante o se quest’ultimo ha bluffato. Mi piace invece incazzarmi in diretta perché la mia squadra ha subito un’ingiustizia, al prezzo magari di dovermi ricredere di fronte alle immagini televisive.

Del calcio odio i maneggioni come Moggi, Preziosi, Galliani, Lotito, odio gli arbitri supini che con metodo scientifico fanno andare una partita a senso unico a favore della grande squadra.

Amo il fatto che ancora ci sono squadre Davide e squadre Golia, che talvolta Davide atterra Golia. Amo la storia del Chievo e del Castel di Sangro, come sono riuscite due squadrette a farsi largo tra i blasonati club della B e della A. Amo gli exploit come quello del Camerun e della Nigeria ai mondiali, quello del Frosinone che fino a ieri giocava in seconda categoria.

Amo le partite giocate nella melma, col campo al limite dell’impraticabilità. Ricordo un vecchio Ascoli-Milan, in mezzo a una bomba di pioggia: partita da sciabola e non per fiorettisti che infatti – regolarmente – alla fine della partita dissero che quelle non erano condizioni “accettabili”. Se sei bravo, mandò a dire il nostro allenatore, sai giocare anche sulla luna. E poi le molecole d’acqua non è che si scansassero per la nostra squadra.

Amo questo del calcio, amo anche commentare all’infinito il tacco dell’attaccante, il gol di Meco Agostini al Pisa in rovesciata, la mano di Dio che aiutò Maradona contro l’Inghilterra prima che egli, per sovrammercato, segnasse la doppietta con il più bel gol della storia del mondo.

Amo l’esultanza di Tardelli dell’82 e quella di Grosso nel 2006. Anzi, amo osservare e studiare l’esultanza di ogni giocatore: Toni con la sua mossa da tecnico audio, del Piero con la linguetta fuori a braccia larghe, Pruzzo che partiva come un siluro verso l’irrinunciabile abbraccio della Curva Sud dell’Olimpico, Falcao con il suo saltello a un metro da terra sul posto.

Amo le immagini eroiche del Grande Torino perito a Superga, una storia che se fosse stata scritta da Omero 3.000 anni fa non avrebbe sfigurato a fianco dell’Iliade.

Amo tremendamente il fatto che leggendo questo mio intervento qualcuno abbia una voglia insopprimibile di dirmi che non ho ragione su questo o su quello. I milanisti ancora incavolati per la partita del 2006, i laziali per i quali Lotito è un uomo corretto, eccetera. Amo il fatto che il calcio faccia parlare nei bar, non mi piace più di tanto parlarne in prima persona, ma mi divertono i commenti che fanno i miei concittadini in dialetto, le definizioni che danno di questo o quel calciatore, le offese che riservano agli arbitri. Semplicemente un pezzo di cultura della mia città.

Amo – nel contempo ridendone – le critiche che al calcio fanno le donne, così facilmente smontabili. I 22 cretini in mutande, un classico. Ma tanto io un giorno di questi quando stai attaccato alla televisione me ne esco e ti vado a confezionare un ottimo paio di corna, e altre amenità simili. Bellissima la frase detta da una mia ex a suo tempo: tu odoreresti pure una scoreggia di Baggio.

Beh, di Dino Baggio magari no. Ma di Roberto…

La città di Cecco

fontana

Questa foto, nella quale due personaggi ameni si bagnano alle 4:15 di notte nelle fresche acque di una fontana al centro di un incrocio importante della città, documenta l’inestinguibile passione del popolo ascolano per i colori bianconeri.

Per chi non lo sapesse (ma deve venire da Marte), l’Ascoli è in serie B per effetto di una sentenza che ha visto condannare un’altra squadra per illecito sportivo.

E aggiungiamo: c’è chi ha già schedulato la pedalata verso Loreto, chi è partito di presta mattina per la cima del Vettore, chi ha già portato i suoi ringraziamenti a Middie nuostre iò la cripta.

Il due aste lasciato a bordo vasca dice: “Noi Bellini… voi mica tanto“.

Sempre a beneficio degli extraterrestri, riferisco che Bellini è il nome del presidente del redivivo Ascoli.

Al di là del fatto che uno dei personaggi in questione – quello che in foto se la ride beffardo – è nato a casa mia, sono veramente contento di essere nato tra il Tronto e il Castellano.

Ascoli si conferma città della satira come poche altre, d’altronde non discendiamo da Cecco a caso.

Il mio amico toscano

Io e Roberto Strulli

Oggi, 50 anni fa, a San Valentino moriva il giovane portiere dell’Ascoli Roberto Strulli. Un fortuito incidente di gioco la causa della morte, in un Sambenedettese-Ascoli drammatico che da allora ha costituito una sorta di spartiacque nella storia tra le due tifoserie e tra le stesse città.

Ho un rapporto particolare con questa tragedia, che pur essendo avvenuta in un giorno che non potrei mai ricordare (avevo appena un anno) sento mia per un motivo preciso.

La mia mamma lavorava al posto pubblico della SIP (era la Telecom degli anni ’60), che era una sorta di salone con delle cabine telefoniche ove chi non aveva il telefono poteva andare a chiamare i suoi cari. Era un posto ove si incontravano prevalentemente i militari, e specificatamente gli allievi ufficiali della caserma Clementi, i viaggiatori, i rappresentanti e, appunto, i giocatori dell’Ascoli che chiamavano le famiglie lontane. Mia madre al tempo ne conobbe diversi, tra i quali anche Roberto Strulli, il portiere. Me lo ha sempre descritto come un ragazzo molto simpatico, educato e gentile.

Qualche volta succedeva che io fossi presente lì al posto pubblico, magari perché mia madre passava a trovare le colleghe con me, e ogni volta Roberto si avvicinava alla carrozzina per guardarmi e dopo aver fatto i complimenti a mia madre, felice come una pasqua diceva: “Che bel bambino, lo sa che anche mia moglie mi sta per dare un figlio? Chissà se sarà un maschietto come questo”.

Anche se fortuitamente ci incontrava per strada Strulli si fermava sempre a guardarmi, vedendo forse in me il figlio che desiderava moltissimo e che avrebbe completato la sua felicità di atleta in carriera e di marito felice.

Il sogno si interruppe poco dopo, appena entrati nel 1965. Mia madre seppe, come tutti, della tragedia, e nel corso degli anni mi ha sempre trasmesso sottotraccia il suo cruccio particolare, personalissimo, condiviso con me. E io ho sempre sentito nel corso degli anni la presenza di questo atleta che non ho mai ricordato, come immanente nella mia vita, una specie di angelo custode. Sembrerà assurdo, ma è come se io avessi saputo in un angolino del mio cervello di avere sempre quello sguardo su di me, nonostante dentro casa, principalmente per pudore ma anche forse un po’ per una sorta di dolore sordo, non si sia mai troppo parlato della cosa.

La memoria di Roberto Strulli è stata recentemente rispolverata dalla città di Ascoli Piceno e da una tifoseria che, pur essendo troppo giovane per ricordarlo, ne ha conosciuto la storia e la fine che ha qualcosa di eroico e di struggente insieme. Oggigiorno si esaltano sportivi per molto meno, ma io nel mio pantheon bianconero, insieme a Renato Walter Junior e gli altri, ho da sempre anche Roberto, una specie di zio lontano, un amico dolce e sfortunato.

Alla signora Luana e a Roberto Jr., che non ebbe modo di rallegrare con il suo arrivo la vita di suo padre, invio oggi, a 50 anni da quel grande dolore, il mio pensiero e tutto l’affetto del bambino che dalla carrozzina vide più volte chinarsi su di lui un bel ragazzo toscano dallo sguardo allegro.

I 5 gol da infarto della mia vita

Cudini

Un esercizio che si fa spesso – ce lo ha insegnato Nick Hornby in “Alta fedeltà”  – è quello di fare classifiche personali su aspetti  della propria vita. E’ un po’ che me ne frulla in testa una sui gol che mi hanno dato più emozioni da quando sono nato. Ci ho dovuto pensare a lungo e scartarne alcuni importantissimi: quello fatto da me in una partita tra ragazzini a 10 anni, quello di Meco Agostini all’Inter importante solo perché pisciai a una mia vecchia fiamma per andare allo stadio ma ne valse la pena, quello di Roberto Baggio all’Atalanta che dette il via al più grande momento di sempre di Carletto Mazzone, quello di Nicolini al Cagliari, quello di mio figlio Rocco la prima volta che andai a vedere una sua partita e lui segnò.

Ho dovuto tenere indietro gol mitologici (la tripletta di Paolino Rossi al Brasile giusto per fare un esempio) in favore – fondamentalmente – di gol dell’Ascoli, che è la mia squadra del cuore sopra ogni cosa. Se n’è salvato uno, della Nazionale, che è andato dritto al secondo posto, ma lì la gioia fu veramente immensa.

I 5 gol che mi hanno dato più emozione sono stati i seguenti, in ordine inverso di intensità dal quinto al primo:

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5 . Gol di Cudini al Milan

L’Ascoli ritorna in serie A dopo 10 anni. Prima di campionato al Del Duca con il Milan di Chevchenko. Piove che la manna co’ lu sicchie, Cudini infila il Milan in Curva Nord sotto la tempesta portando in vantaggio i bianconeri. L’Ascoli è tornato.
Il gol di Cudini, un urlo dimenticato da troppi anni

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4 . Secondo gol di Novellino alla Juventus

Campionato 1982/83, la Juventus arrivava ad Ascoli fresca fresca di mondiale vinto dall’Italia con otto undicesimi dei giocatori della Juve. Novellino dapprima infila un 1-0 che a molti pare una sorta di canto del cigno prima della goleada torinese, poi con un destro a girare converte una palla vagante al limite dell’area in una palomba imprendibile per Zoff.
Il secondo gol di Novellino alla Juventus, il delirio dei bianconeri peones

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3 . Secondo gol di Quadri alla Sambenedettese

Campionato 1977-78, l’Ascoli dei 61 punti veleggiava prima in classifica con distacchi siderali dalle inseguitrici. Arriva la Samb ad Ascoli, nel corso del primo tempo il n. 7 Giani ci infila. Si prospetta la peggiore delle disfatte, per giunta casalinga. A che valeva essere primi sparati quando ci facevamo battere in casa dagli odiati cugini litoranei? Nel secondo tempo Quadri rileva il centrattacco titolare, e prima pareggia e poi inietta il 2-1 completando quella che verrà definita dai posteri “La Doppietta di Quadri”.
Il secondo gol di Quadri alla Samb, l’urlo di sollievo

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2 . Gol di Del Piero alla Germania

Campionato mondiale del 2006 in Germania, in semifinale per l’ennesima volta ci troviamo contro la corazzata tedesca che per giunta gioca in casa. Niente di fatto nei minuti regolamentari, poi i supplementari e finalmente il gol di Grosso che ci dà accesso alla finale. Ma niente in confronto al gol di Alessandro Del Piero, due minuti dopo, che schiaccia definitivamente (anche se non ce n’era bisogno) ogni residua velleità germanica legittimando doppiamente la vittoria finale. E il pianto in mondivisione della tedeschina, un piacere di sublime fattura.
Il gol di Del Piero alla Germania, il cuore che scoppia di felicità

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1 . Gol di Giorgi all’Ancona

Tre quarti di campionato in serie B, Ancona sopra e Ascoli sotto, i dorici ricevono in casa l’Ascoli tra sbandieramenti di superiorità e frasi sbeffeggianti all’indirizzo della squadra bianconera. Nel primo tempo segna Antenucci per l’Ascoli, il difensore dell’Ancona Cristante pareggia a tempo praticamente scaduto. Sembra tutto perso (perché a quel punto il pareggio è un ripiego inaccettabile per la tifoseria bianconera arrivata in massa a Campo Varano), ma ci pensa l’ascolano Giorgi a rimettere a posto le cose con un gol sotto la curva dei tifosi ascolani. Il valore di quel gol va – chiaramente – ben oltre la partita vinta dall’Ascoli. Con quel gol Giorgi affonda una squadra (che in effetti non si è ripresa più fino al fallimento) che prima della partita coltivava ancora ambizioni di play off, e che invece subisce da lì in avanti un’involuzione psicologica devastante. E’ la catarsi dopo il gol di Ventura a Perugia (il più brutto della mia vita, ma questa è un’altra storia), è l’affermazione di un gregario, per giunta ascolano, che è partito quasi sempre dalla panchina e che da portatore d’acqua si è trasformato in matador adorato dalla curva, e che da quel momento verrà ricompensato con una carriera dignitosissima peraltro ancora in corso.
Il gol di Giorgi, cuore che fa crack

Che provincia che sarebbe

 

ASCOLI-SAMB

L’episodio di venerdì al Bove Finto (tre ragazzi feriti con arma da taglio, di cui uno grave) mi induce a fare un coming out che a molti potrà sembrare inaspettato.

Come riferito dai giornali, a Offida sembra esserci stata una discussione tra sambenedettesi e ascolani per motivi di rivalità calcistica. Peraltro queste discussioni, con annesse risse, al Bove Finto ci sono sempre state, ed è il secondo motivo per cui non sono mai andato a Offida il venerdì grasso né ho mai sentito l’esigenza di farlo. Il primo è che quel tipo di goliardia avvinazzata non mi ha mai attirato. Ma torniamo a noi.

E’ arrivato il momento di annunciare pubblicamente di essere uno dei pochi che, pur portando visceralmente l’Ascoli Calcio, ha simpatia anche per la Sambenedettese. E pur amando la mia città Ascoli Piceno, apprezzo e ammiro anche San Benedetto del Tronto. Mi sembra stupida questa rivalità con la costa, mi sa tanto di guerra tra poveri.

E va bene che cinque generazioni di politici ascolani e sambenedettesi non sono riusciti a fare sistema (ma non è mai troppo tardi), ma veramente litigare per il calcio e per il campanile è da matti.

Beninteso: sono il primo a prendere in giro i cugini rossoblu per le loro alterne vicende, il primo a ricordare loro che pensare che ci possa essere paragone tra la loro e la nostra storia calcistica è fare un torto alla storia stessa, il primo a inventare nomignoli e sfottò. Il primo veramente, chi mi conosce lo sa.

Ma avete visto la tifoseria sambenedettese? E che differenza passa con quella ascolana? Ve lo dico io: nessuna! Legati visceralmente alla squadra e ai colori, incoraggianti nei confronti dei loro giocatori dall’inizio alla fine (come gli ascolani), hanno ingoiato rospi da far tremare un pitone e ancora vanno in tremila a vedere l’Eccellenza.

Oh, ci dispiace che ci dicono pecorari? Embè rispondiamogli che sono dei pesciari. Ci dicono pecuri, con ancora più scherno? E appelliamoli come un anziano delle mie parti, magna cocce de pesce. Ma dico io, conoscerete gente di San Benedetto del Tronto no? Sono quasi generalmente gente simpatica, volitiva e con un’attitudine istintiva al commercio, gente abituata storicamente al mare e quindi alla rassegnata soggezione ai capricci atmosferici. Esattamente come noi nel rapporto storico, ad esempio, con l’agricoltura. Mi dicono che noi di Ascoli passiamo ai loro occhi come persone da un certo punto di vista più sofisticate (la storia che c’è ad Ascoli metterebbe in soggezione chiunque) ma anche, e questo dobbiamo ammetterlo, come persone socialmente un po’ chiuse.

E poi la questione politica, la maledetta politica: loro rossi noi neri. Come se esistesse il rosso e il nero.

E poi la vexata quaestio della morte di Roberto Strulli, nel 1965, come se il povero Caposciutti l’avesse fatto apposta invece che assicurarsi per tutta la vita un rimorso e un dolore eterni.

Sono bianconero dentro, ho scritto con il mio gruppo l’inno Cuore Bianconero, saprei raccontarvi partite giocate trent’anni fa snocciolandovi la formazione, ricordo giocatori come Bertini, Calisti e Macciò, eppure dichiaro al mondo: mi sta simpatica pure la Samb. E mi fa piacere che alcuni campioni che in passato hanno calcato il Cino e Lillo con successo siano provenuti dalle linee rossoblu: fra gli altri il roccioso Italo Schiavi, il cobra Andrea Soncin, l’attuale Gianluca Carpani e soprattutto l’inossidabile, indimenticabile Renato Campanini.

Detto questo, il pomeriggio della doppietta con cui Giovanni Quadri ci rimise in sella dopo lo 0-1 del primo tempo rimane uno dei più belli della mia vita. Non manco mai di ricordarlo ai nostri cugini quando ne ho l’occasione.

Forza Ascoli, forza San Benedetto del Tronto. Che provincia diventerebbe la nostra se ci dessimo la mano.

 

 

Il Re è nudo

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Ho partecipato, a mio modo, all’evento Rifondazione dell’Ascoli Calcio del 6 febbraio 2014.

E il mio modo, da sempre, è mettermi all’ascolto, captare gli umori della folla, ma della folla intesa come coacervo di singoli individui pensanti e parlanti (molto spesso sparlanti), il tutto con l’intento di cogliere le chicche, le frasi a mezza bocca, i commenti sarcastici degli elementi che fanno parte del mio popolo e quindi della mia cultura.

Ho estratto tre momenti dall’hard disk della mia memoria riempito nel pomeriggio, i tre momenti principali: in aula, durante il successivo corteo e infine nell’assembramento improvvisato di Piazza Arringo.

Ecco, partendo dal terzo in classifica fino a quello che ritengo il più bello per lirismo e pregnanza culturale, i momenti scelti, tutti riferiti a frasi pronunciate da ascolani:

3 . Vecchietto compiaciuto con sigaro in Piazza Orlini, mentre il corteo cominciava a muoversi alla volta di Piazza Arringo:

“Per la madò, la festa de nu sante è la metà de queste!”

 

2 . Omino all’interno dell’aula del Tribunale, alle ore 16:10, mentre il giudice Agostini leggeva in silenzio la documentazione e si sentivano da fuori botti immani:

“Beh, quisse sta tante a tertene’ e giustamente là fore la piazza esplode”

 

1 (per distacco) . Uomo avvinazzato in prossimità dei gazebo di Piazza Arringo, poco prima che Bellini prendesse la parola:

“E venta nuccò de quatrì, no!”

 

Ed è in questa ultima frase che si riconosce l’ascolanità vera, il pragmatismo disincantato di una piazza aderente, sì, ai colori bianconeri e/o giallorossi (quelli del comune), ma pur sempre figlia della civiltà contadina portatrice più o meno sana della cultura della parsimonia e storicamente poco pronta a incensare il potente di turno se non scorge nel  suo agire alcunché di immediatamente fruibile.

Grazie per la tua provvida iconoclastìa uomo avvinazzato, ce n’è sempre un po’ bisogno.

Il re è nudo. Forza Ascoli.

 

 

‘Ntercule a li capisciù

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Ho alcuni amici e conoscenti che, da tempo, gufano contro l’Ascoli, certi come sono che tifare una squadra di calcio in questo momento storico sia segno di leggerezza o, peggio, di oblìo dei vari problemi che affliggono una città.

Alcuni di loro palesano con questo un sempiterno snobismo intellettuale che li affligge senza scampo, e pertanto per quanto mi riguarda partono squalificati in partenza. Direi anzi che se avessero un po’ di onestà intellettuale non tarderebbero a capire di avere la stessa stolida mentalità che contestano agli ultras.

Altri invece, magari sinceramente, sono dispiaciuti perché sentono che le loro “sofferenze” non sono finalmente terminate, anzi l’Ascoli molto probabilmente non finirà in serie Z. Addirittura, se va come deve andare, si può aprire uno scenario di rinnovato vigore sportivo e mediatico per questa città. Dio che supplizio che dev’essere per loro sentire gli amici che discettano di fuorigioco e sostituzioni intempestive, il tutto chiaramente riferito ai 22 milionari analfabeti in mutande che ci prendono per il naso.

Mo’, vi dico, io non disconosco i problemi cittadini, nazionali ed internazionali. E pure intriso di estruso organico fino al collo come tutti gli italiani, però mi piace riconoscermi nei colori bianconeri che tanto hanno dato alla città (questo bisogna pur ammetterlo una buona volta). Anzi dirò di più: è una delle poche, ultime bandiere nelle quali mi piace riconoscermi, espressione della rara capacità che ha avuto il mio territorio di arrivare ai livelli nazionali con i pochi mezzi a disposizione.

Ai grandi filosofi che hanno sempre qualcos’altro di più importante da fare e/o da vedere e/o a cui tenere io dico, con sincera soddisfazione: domani tutti gli elementi maschili della mia famiglia saranno al Cino e Lillo ad esultare per il ritrovato sogno ascolano (è in predicato di venire pure il cane Napoleone se mi accettano il biglietto), alla faccia dei rapaci notturni ascolani e/o piceni che, pallidi, non possono fare altro che piangere sull’occasione perduta.

E pure se perdiamo, forza Picchio e ‘ntercule a li capisciù.

 

Il fallimento

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No invece a me mi ci fa prepotentemente le fregne che l’Ascoli ha dichiarato fallimento. Non mi volevo mischiare ad altre società che vanno e vengono. 

E non mi consola affatto pensare che da adesso ci siamo disfatti di una gestione proprietaria dissennata, alla quale peraltro dobbiamo riconoscere un vecchio salvataggio dell’Ascoli post-Rozzi e la stagione di nuova gloria della nuova insperata serie A di qualche anno fa.

Non mi voglio nascondere dietro a un dito, soffro questa situazione. E non inneggerò a nuovi fantomatici faccendieri che si presenteranno, né mi piacerà leggere ogni giorno sui giornali i proclami di chi tenterà di guadagnare credito da questa situazione.

Io sono in lutto per l’Ascoli Calcio 1898, che se risorge sarà Ascoli Football Club, o AC Ascoli, o non lo so come, ma soprattutto sarà Ascoli 2013.

Dopo la perdita della parte alta della provincia a favore del fermano – altra catastrofe che gli ascolani non sono riusciti a scongiurare – questo è il secondo duro colpo dell’ultimo decennio. Questo va detto, e il resto sono solo chiacchiere e promesse.

E dichiaro fin d’ora: qualsiasi politico si sia già vantato, si stia vantando o si vanterà di aver fatto qualcosa per l’Ascoli non avrà il mio voto alle amministrative. Di default.