L’inimitabile

Se ne va con un coup de théâtre nel giorno dei suoi 80 anni

Quando, nel valutare i tanti pezzi comici a disposizione, mi apprestavo a mettere su il mio spettacolo “Revolution Comic Songs” con la Peto’ Band, che sarebbe piaciuto così tanto al pubblico, ho considerato anche l’ipotesi di buttar dentro qualcosa di Gigi Proietti. Il più grande. Era una sfida con me stesso, ne ho fatte tante, perché non quella.

Mi sono studiato per tre giorni la sua inimitabile “Nun me rompe er cà“, uno dei pezzi che preferisco e che è compatibile con il mio repertorio. L’ho imparato a memoria, interiorizzato, provato. Andava.

Poi un giorno ho fatto, per scrupolo, la prova dello specchio, quella che mi fa decidere per il sì o il no per qualsiasi cosa che voglio fare nel ramo artistico, sì quella tanto sconsigliata dai professionisti, quella. Il paragone era improponibile, mi mancavano un paio di requisiti fondamentali: la faccia, la voce. Forse la credibilità.

E in un repertorio coagulato intorno alle canzoni satiriche dei più grandi (Zalone, Benni, Nosei, Marcoré, Carena, Oblivion, Nuti e, indegnamente, anche qualcosa di mio) non sono riuscito a infilare qualcosa del più grande di tutti. Cioè del mattatore che, visto al Teatro Olimpico negli anni 90, mi aveva tenuto incollato lo sguardo su di lui per tre ore di spettacolo senza una pausa, aiutato solo da un baule con qualche oggetto dentro e dal suo proverbiale tocco di matita sotto agli occhi per dare profondità allo sguardo.

E’ una sfida più di persa: è una sfida mai cominciata. Perché come non provo a rifare il sugo finto di mia madre, non provo a rifare i pezzi di Gigi Proietti. Non si può imitare l’inimitabile.

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